Author:roberto-dolza-fotografia

Danimarca - Copenaghen - Luci e colori

Fine di una giornata di lavoro invernale.

Fine di una giornata di lavoro invernale.

Colori e luci incredibili

La temperatura colore di luci diverse che si incontrano e si fondono della stessa immagine mi affascina sempre moltissimo.

Assomiglia a una danza armoniosa e dolcissima che sembra non avere mai fine.

Ancora di più quando si fondono nella composizione di uno scatto che, come in questo caso, “congela” la fine del lavoro di una fredda e piovosa giornata invernale a Copenaghen.

Mi diverte sempre molto (quando posso) cercare di visitare una città o un luogo nelle diverse ore della stessa giornata perché la luce, per qualità, intensità, direzione, temperatura colore cambia in continuazione.

Ne consegue che la stessa composizione può trasmettere allo spettatore emozioni completamente diverse. Tentare di rappresentarle nel modo corretto è per me un gioco divertentissimo e un’ottima scuola fatta di mille errori. 

In questo caso stavo rientrando verso la mia destinazione passeggiando verso l’inizio del canale di Nyhavn (l’antico porto di Copenaghen) dove si trovano gli imbarchi per i battelli turistici e, improvvisamente, ho visto questa immagine che mi ha profondamente colpito.

Era fine giornata, pioveva e uno dei lavoratori della compagnia di navigazione aveva finito la sua giornata di lavoro. Le luci erano incredibili: quelle della sera invernale ormai all’ora blu e del maltempo erano molto fredde rappresentando benissimo la situazione, mentre quelle dei lampioni e della biglietteria molto calde, facevano pensare al meritato ritorno al calore di casa e della famiglia.

Ed ecco com’è nato questo scatto.

 

 

 

Geolocalizzazione: 55°40’49.5014″ N 12°35’9.7736″ E

Obiettivo: 68 mm. su 24-105 mm

Tempo di scatto: 1/30

Diaframma: f/6,7

ISO: 2.200

Danimarca - Copenaghen - Luci e colori
Paesaggi - Danimarca - Jutland - Bregnet

Una piccola, meravigliosa chiesa nella campagna danese.

Girovagando per le campagne dello Jutland danese.

Una piccola bellissima chiesa scoperta per caso.

La campagna danese è ricca di luoghi bellissimi. É estremamente piacevole percorrere senza alcuna fretta le strade che la attraversano perché all’improvviso possono comparire piccoli gioielli di bellezza e di pace.

Un giorno d’estate, dopo una visita a un parco pubblico, risalgo in macchina per riprendere a viaggiare senza una meta precisa.

Appena uscito dal parcheggio vedo comparire tra gli alberi e sopra una collinetta, un campanile bianco e l’immancabile bandiera danese.

Cambio immediatamente direzione e mi muovo verso questa chiesetta che mi ha incuriosito.

Quando arrivo, resto senza parole. É tanto semplice quanto bella e tutto è perfettamente curato. Un’oasi di pace e di serenità dove fermarmi a godere del calore di tardo pomeriggio estivo.

Dopo averne visitato gli interni, mi siedo sotto un albero del cimitero adiacente. Non c’è un filo d’erba fuori posto e mi godo qualche momento di pace assoluta prima di rimettermi in viaggio.

Geolocalizzazione: 56°17’27.102″ N 10°29’6.648″ E

Obiettivo: 24 mm. su 24-105 mm.

Tempo: 1/200

Diaframma: f/10

ISO: 100

Paesaggi - Danimarca - Jutland - Bregnet
Bianco e nero - Danimarca - Copenaghen - Stazione metropolitana

Bellezza e armonia

La bellezza e l'armonia.

Si manifestano, in alcuni paesi, con costanza e rispetto della tradizione

Più conosco la Danimarca e i suoi abitanti e più me ne innamoro. In particolare della loro grande attenzione a certi aspetti della vita.

Uno di questi è la premura costante e diffusa alla bellezza in questo splendido paese che si riflette in una profonda armonia di forme, colori e anche nell’uso estremamente attento delle luci.

Peraltro questa non è che una sfaccettatura del concetto danese dello hygge, tanto articolato quanto piacevole da vivere e affascinante da osservare. Pur, ahimè, con lo sguardo di chi non ci vive (ancora).

Girando per la Danimarca – con un minimo di attenzione – appare subito evidente l’attenzione all’armonia che viene costantemente esercitata dal suo popolo.

Che si tratti di strade, edifici, parchi, oggetti quotidiani, interno delle abitazioni la sensazione non cambia: si percepisce costantemente il desiderio di creare intorno a sé il “bello”.

Lo stile, estremamente sobrio e lineare tanto nelle forme quanto nei colori, è assolutamente piacevole e trasmette sempre sensazioni di calore e di piacevolezza.

Anche edifici che hanno una destinazione d’uso tipicamente di servizio, hanno queste caratteristiche.

Girovagando per Copenaghen, sono capitato in questa stazione della metropolitana che ho trovato bellissima proprio per i motivi che ho esposto prima.

E ho deciso di condividerla con voi sperando di trasmettervi le stesse emozioni.

 

 

Geolocalizzazione: 55°40’49.5014″ N 12°35’9.7736″ E

Obiettivo: 24 mm. su 24-105 mm Tempo: 1/60

Diaframma: f/8

ISO: 6.400

Bianco e nero - Danimarca - Copenaghen - Stazione metropolitana
Bianco e nero - Italia - Torino - Locomotiva abbandonata

La tristezza di un tempo che sta finendo

Addio vecchia signora.

Un pezzo di storia italiana muore sotto la pioggia

Una vecchia locomotiva muore di ruggine e abbandono nonostante la sua storia importante.

Questo mezzo potrebbe raccontare di tempi incredibili quando durante la seconda guerra mondiale prestò servizio in Italia, giunta nel nostro paese direttamente dagli Stati Uniti.

Nella città di Torino, nei pressi di Ponte Mosca è localizzato il centro di restauro del Museo Ferroviario Piemontese.

Qui riposano, in attesa di essere riportate allo splendore originale, con enorme fatica, passione e con pochissimi mezzi economici erogati dalle istituzioni pubbliche, macchine e carrozze che poterebbero raccontare pagine interessantissime della storia italiana.

Proprio la scarsità di risorse economiche tanto profonda quanto è forte l’impegno a titolo gratuito di un gruppo di appassionati, limitano enormemente le oggettive possibilità di restauro.

Negli spazi all’aperto quindi giacciono veicoli quasi incredibili. In attesa di una rinascita che meriterebbero e che quasi certamente, non arriverà più.

Questa locomotiva ad esempio fu costruita negli USA con motorizzazione inizialmente (ovviamente) a gasolio, poi durante la seconda guerra mondiale venne trasferita in Italia dove, riconvertita a carbone, prestò servizio durante e dopo l’evento bellico. Ancora oggi sulle sue fiancate sono visibili tra la ruggine, le scritte originali dell’esercito USA.

Vederla abbandonata in queste condizioni per me è stato davvero un colpo al cuore sapendo che il suo restauro sarà quasi certamente impossibile da realizzare e che finirà la sua vita marcendo sotto la pioggia. Tik tok, il tempo scorre inesorabile e lei aspetta immobile la sua sorte. Che tristezza.

Addio vecchia signora.

 

 

Geolocalizzazione: 45°4’50.5956″ N 7°41’7.2482″ E

Obiettivo: 12 mm. su 12-24 mm Tempo: 1/45

Diaframma: f/9,5

ISO: 100

Bianco e nero - Italia - Torino - Locomotiva abbandonata
Tutto il resto…-Danimarca-Hygge-01

Hygge. Una parole che racchiude in se il meglio della Danimarca. 01

La Danimarca e i molti significati del termine hygge - 01

Può una parola raccontare molto di un popolo meraviglioso?

La scorsa estate per la prima volta ho scoperto la Danimarca. Anzi per essere precisi il suo popolo meraviglioso.

E, di conseguenza, la parola che meglio lo rappresenta nelle sue diverse accezioni:

Hygge.

Voglio provare a spiegarvi il profondo significato di questo termine con alcuni esempi della vita danese. Questo è il primo.

Giugno 2022, appena sceso dalla navetta di collegamento dall’aeroporto alla stazione dei treni di Aarhus (la seconda città danese) non sapevo cosa davvero aspettarmi perché faticavo quasi a credere alle descrizioni fatte da mia figlia che si era trasferita là da alcuni mesi.

Ciò che realmente non immaginavo era che avrei passato i giorni successivi con stampato in viso l’effetto “mascella cadente” nel disperato tentativo di convincere la mia mente che ciò che vedevano i miei occhi era davvero la realtà.

Il fatto che vi racconto oggi, e accaduto in realtà nel secondo viaggio, questa volta nella capitale Copenaghen, ma questo è un dato assolutamente ininfluente perché permea tutta la civiltà danese.

Tardo pomeriggio il sole si sta abbassando nei lunghissimi tramonti scandinavi, mi sto perdendo tra le vie di questa bellissima capitale e capito in una piazza dove vedo un bar e vengo colpito dal fatto che all’esterno sono presenti una accanto all’altra diverse carrozzine per neonati.

Mi avvicino incuriosito e, con enorme stupore, in ogni carrozzina c’è un pupetto che dorme sereno, perfettamente coperto con il solo viso esposto al freddo della capitale. Riposano tutti, insieme, nelle loro carrozzine e nel silenzio più assoluto.

Addirittura una delle carrozzine ha una videocamera portatile che riprende il bimbo mentre dorme.

Le mamme sono dentro, tranquille e serene, che si prendono un po’ di tempo chiacchierando tra di loro.

Ovviamente non posso trattenermi dal fotografare una simile meraviglia, e incredibilmente mentre fotografo, un paio di passanti si fermano, danno un’occhiata ai pupetti, e poi proseguono nel loro percorso. In-cre-di-bi-le!

Questo può avvenire esclusivamente in un Paese estremamente voluto e con un livello di responsabilità reciproca elevatissimo (che peraltro si riscontra in mille sfaccettature) tanto quanto è basso il livello di delinquenza.

Ma l’aspetto che, grazie a queste considerazioni mi ha colpito, è l’attenzione nella società danese alla qualità del tempo libero che per loro è sacro e il cui rispetto può avere mille diverse sfaccettature. Ecco lo hygge.

Può essere anche un gruppo di mamme che chiacchiera tranquillamente dentro un locale mentre fuori i loro neonati dormono tutti insieme abituandosi (ovviamente in condizioni di massima sicurezza) alle condizioni del clima danese.

Questo è solo un piccolissimo esempio di cosa può essere lo hygge.

 

 

Geolocalizzazione: 55°40’49.5014″ N 12°35’9.7736″ E

Obiettivo: 35 mm. su 24-105 mm. Tempo: 1/60

Diaframma: f/4

ISO: 280

Tutto il resto…-Danimarca-Hygge-01
Locomotore-abbandonato

Un vecchio locomotore si perde per sempre.

Abbandonato su di un binario a subire i danni del tempo.

Un tesoro di storia italiana marcisce per scarsità di fondi.

La casualità della vita a volte assume aspetti davvero eccezionali e l’aiuto ti viene in contro quando ormai non sapevi più che fare.

Dovevo realizzare una foto per il calendario del Gruppo Foto Lions Italia per il 2023 e il tema erano i treni. Non volevo fotografare mezzi moderni, ma antichi locomotori o carrozze ma ho scoperto che non sono affatto semplici da trovare.

Incredibilmente sono venuto in contatto e sono stato aiutato dal Museo Ferroviario di Savigliano in particolare dal sig. Beppe Sinchetto, persona meravigliosa e preparatissima, che mi ha accompagnato a fare un viaggio nel tempo in un mondo tanto bello quanto affascinante.

Che in buona parte si sta perdendo per sempre. 

Esiste i ogni paese un patrimonio storico, composto da mille sfaccettature, alcune più note come l’arte, la musica, gli edifici storici, altre quasi dimenticate e quindi destinatarie di poche risorse economiche per la loro cura e conservazione.

In tutto questo è scritta l’incredibile storia di un popolo, la sua crescita, i suoi errori, la sua forza, la sua creatività. Tutto ciò che nei secoli lo ha caratterizzato e reso unico. Ma la storia non è fatta solo di arte o di bel canto, ma anche di quei mille oggetti, sovente umili e sconosciuti ai più, che nel quotidiano ne hanno permesso la crescita. Che ne sono stati l’anima.

Ho avuto l’inaspettato e grandissimo dono di essere preso per mano e portato dentro l’incredibile storia che permea tutti i mezzi ferroviari disponibili presso le due strutture (una a Torino e una a Savigliano) del Museo Ferroviario Piemontese. Ed è stata un’esperienza che non dimenticherò mai più per la meraviglia di ciò che ho visto e per l’intensità delle emozioni che ho provato.

Nelle strutture del museo sono presenti e intimamente legati tre diversi mondi:

A) I mezzi meravigliosi perfettamente restaurati e mantenuti che sono esposti al pubblico

B) I mezzi in fase di restauro che godono delle cure amorevoli e dell’incredibile preparazione di un gruppo di appassionati che con risorse erogate assolutamente ridicole per i tempi attuali e con tanta, tantissima passione (e in molti casi con fondi propri) realizzano con grande abnegazione il restauro di questi mezzi

C) I mezzi in deposito che stanno di fatto marcendo al sole in attesa di un restauro che forse non avverrà mai.

Passare tra queste meraviglie, entrarvi dentro, sentirne i profumi (non gli odori!), sfiorare le loro componenti con la mano chiudendo gli occhi e immaginando le voci e le storie di tutti coloro che vi hanno lavorato o vissuto sopra, vi assicuro che è un emozione talmente forte da essere quasi “violenta”, comunque meravigliosa.

Invito chiunque a organizzare una visita magari in gruppi scolastici o di amici, perché se riuscirete a lasciare il cellulare in tasca in quei minuti, gli appassionati che vi guideranno vi faranno fare un vero viaggio nel tempo.

 

 

Geolocalizzazione: 44°38’28.482″ N 7°39’48.864″ E

Obiettivo: 12 mm. su 12-24 mm. Tempo: 1/180

Diaframma: f/11

ISO: 100

Locomotore-abbandonato
Fiat-131-Abarth-Italia-Torino

C’era una volta la Fiat 131 Abarth.

Vederle correre in eterni controsterzi, magari in piena notte. Che emozioni.

Le vetture che hanno fatto la storia dei rally mondiali.

Ci sono vetture che hanno scritto l’incredibile storia dei campionati mondiali di rally nel periodo dagli anni ’60 fino agli anni ’90.

Vetture che raccontano di un tempo affascinante fatto di piloti, meccanici, progettisti che avevano relativamente pochi mezzi rispetto ad oggi, ma che hanno creato automobili meravigliose e dalle prestazioni incredibili. 

In questo fine 2022 mi sono recato a visitare nuovamente il meraviglioso museo dell’Automobile di Torino perché avevo voglia di vederlo dopo i lavori alcuni anni fa.

Ma soprattutto ci sono andato perché è in corso la meravigliosa mostra The Golden Age of Rally visto che da sempre sono appassionato di questo incredibile sport motoristico.

Volevo vedere quelle vetture che sono diventate delle vere icone, ancora oggi amate alla follia da schiere di appassionati in tutto il mondo. Possedute da grandi appassionati che permettono a chiunque il piacere di rivederle (e sentirle!) in azione in diversi eventi per autovetture storiche.

Mi aspettavo di poterle ammirare da lontano, con i soliti paletti (fastidiosissimi per chi vuole fotografarle) per impedire al pubblico di avvicinarsi, magari in spazi ristretti e male illuminati.

Invece ho trovato un allestimento assolutamente eccezionale, con ambientazioni e luci perfette e, soprattutto, la possibilità di avvicinarsi (e quindi fotografare) in assoluta libertà pur nel rispetto della buona misura.

Uno spettacolo meraviglioso e un vero tuffo al cuore pensando alle forti iniezioni di adrenalina di quando le ho viste correre nelle gare di quegli anni ormai lontani a pochissimi metri di distanza da me e magari in piena notte.

Grazie al Mauto per aver organizzato un simile evento. Dovrebbero essere gestiti tutti così.

 

 

Geolocalizzazione: 45°1’53.97″ N 7°40’26.592″ E

Obiettivo: 24 mm. su 24-105 mm. Tempo: 1/60

Diaframma: f/6,3

ISO: 3.200

Fiat-131-Abarth-Italia-Torino
Danimarca - Aarhus - Biciclette - 01

Qualcuno ha detto bicicletta?

Danimarca: biciclette come se piovesse!

Anche quando piove davvero.

Poco tempo fa ho trascorso un po’ di tempo nella città Aarhus in Danimarca dove si è trasferita una persona a me cara.

I primi giorni sono stati per me un doppio shock.

Il primo perché faticavo a credere a quanto i miei occhi vedevano.

Il secondo a chiedermi il perché dei diversi comportamenti di questo meraviglioso popolo e quindi ad apprezzarne gli enormi vantaggi.

Appena sceso dal bus che mi ha portato dall’aeroporto alla stazione centrale vengo letteralmente circondato da una moltitudine di donne in stato di gravidanza che passeggiano con almeno un paio di bambini, e inoltre da una quantità incredibile di biciclette. Per ora vi parlerò delle biciclette.

Sono ovunque e con le fogge più strane (almeno per me!). Non ci sono mountain bike come da noi, ma una marea di mezzi chiaramente da città e cavalcate da qualsiasi tipologia di cittadino. Altra curiosità è il fatto che pochissime sono a pedalata assistita elettricamente nonostante salite e discese seppur non estreme, non manchino.

Questa regola viene invece totalmente sovvertita per le numerosissime bici (come accidenti si potrebbero definire?!?) di tipo familiare (come si diceva da non un tempo per una tipologia di autovetture) che hanno al posto della ruota anteriore una coppia di gomme che sostengono una sorta di “grossa scatola” in molti casi dotata di splendide protezioni contro la pioggia.

Resto basito a vedere cosa viene trasportato in questi strani mezzi: ovviamente bambini ma anche… padri, mamme con i figli, divani e addirittura nonni! Ça va sans dire TUTTI con il casco in testa (divani esclusi).

A questo punto mi è “esplosa” in testa la domanda: ma perché?

Perché così tutti fanno dell’ottimo movimento peraltro prettamente anaerobico, perché così non hanno traffico automobilistico (in due settimane NON ho visto UNA sola coda), perché non hanno problemi di parcheggio, perché si spostano molto più rapidamente, perché così inquinano pochissimo, perché così i mezzi pubblici sono praticamente sempre vuoti, perché…

La situazione è così incredibile per un mediterraneo, che sono rimasto senza parole a vedere un ponte che attraversa i binari del treno. Su tutta la lunghezza hanno costruito una struttura (quasi tutta coperta!) con delle rastrelliere a doppia altezza dove chiunque può liberamente parcheggiare la propria bici al livello inferiore o a quello superiore!

Quanto da imparare.

 

 

Geolocalizzazione: 56°8’59.415″ N 10°12’10.7553″ E

Obiettivo: 105 mm. su 24-105 mm. Tempo: 1/400

Diaframma: f/4

ISO: 100

Danimarca - Aarhus - Biciclette - 01
Bianco e nero - Francia - Moncenisio - Borgo di Gran Croce

L’oblio distrugge luoghi che un tempo erano vivi

Con quale velocità un borgo secolare può morire?

Il tempo corre veloce dove l'uomo abbandona un luogo

Salendo dalla Valle di Susa verso il colle del Moncenisio, appare all’improvviso la grande diga. Imponente e curiosa in quanto costruita non in cemento, ma bensì con delle pietre.

Sotto, piccolissimo e in gran parte crollato, si perde alla vista il borgo di Gran Croce che invece merita una sosta.

Sulla via che dall’Italia conduce in Francia passando per colle del Moncenisio, per molti secoli è esistito il piccolissimo borgo di Gran Croce. Era sostanzialmente un punto di ristoro e riposo per i viandanti in attesa delle ultime curve della salita come anche per coloro che (si legge in uno scritto del 1605!) si rifocillavano e bevevano abbondante vino nell’osteria prima di affrontare la discesa che, con cavalli e carrozze, doveva fare davvero paura.

É stato da sempre territorio italiano, ma nel 1947 diventò parte dei territori ceduti alla Francia come rimborso per i danni della seconda guerra mondiale. Per diversi anni fu sede della dogana francese che successivamente venne spostata. Poi, intorno al 1960, fu edificata la grande diga che di fatto ne determinò la fine e si racconta che l’ultimo abitante l’abbia abbandonato nel 1986.

Ora rimane, intatta e mantenuta, solo la chiesetta della Madonna delle Nevi, mentre tutte le altre case sono crollate o comunque pericolanti e da anni si dice che i Francesi vogliano abbatterle del tutto. Se si ha la possibilità, vale comunque la pena di fermarsi e visitarlo. É estremamente affascinate vedere come fossero costruite le case di molti secoli fa. L’importante è fare molta attenzione ad addentrarsi in mezzo o dentro ai ruderi in quanto pericolanti.

A me ha fatto particolarmente impressione pensare come un borgo molto piccolo, nato molti secoli fa che ha fornito riposo e ristoro a moltissimi viandanti, sia in pochi decenni definitivamente scomparso.

Visitandolo, ho immaginato come sarebbe stato bello poter ascoltare i racconti di cosa hanno visto e sentito quelle mura nel tempo.

 

 

Geolocalizzazione: 45°13’11.346″ N 6°57’18.03″ E

Obiettivo: 12 mm. su 12-24 mm Tempo: 1/250

Diaframma: f/11

ISO: 200

Bianco e nero - Francia - Moncenisio - Borgo di Gran Croce
Paesaggi - Francia - Rodano Alpi - Monginevro

A volte la vita è breve. Non solo per gli esseri umani.

La storia di un forte nato già sbagliato.

In pochissimi anni, una costruzione che doveva essere un baluardo di difesa dei confini nazionali, ha trovato la sua fine.

A fine ‘800 fu costruito su un colle che domina il valico del Moncenisio questo splendido forte. Purtroppo fu edificato con una tecnologia ormai obsoleta che in pochissimi anni lo condannò alla fine.

Il colle del Moncenisio è, da sempre, uno dei valichi più importanti e trafficati che collegano l’Italia con la Francia.

Era quindi importante la sua difesa in caso di possibili invasioni e di conseguenza, nel tempo vi furono costruite numerose opere militari come baluardo per eventuali attacchi.

Ancora oggi nella zona si possono facilmente visitare diversi manufatti che in alcuni casi sono a vista tutto l’anno, mentre altri sono normalmente sommersi da decine di metri di acqua del lago del Moncenisio.

Questi ultimi, situati sul fondo del lago, si possono facilmente visitare in caso di scarsissime precipitazioni come nel 2022 oppure ogni dieci anni quando il lago viene svuotato per la regolare manutenzione.

Ben visibile, in alto a sinistra salendo verso lo sbarramento, c’è il forte di Variselle che ebbe una strana quanto breve vita.

Fu infatti costruito dagli Italiani nel periodo tra il 1877 e il 1883. Purtroppo fu edificato con una tecnica che non era più al passo con i tempi e soprattutto con la potenza dei nuovi obici.

La sua vita fu talmente breve che tra il 1909 e il 1910 fu usato come bersaglio dagli stessi italiani per testare i nuovi cannoni.

Ora giace abbandonato e le sue mura recano ben visibili i segni dell’inefficacia della sua struttura rispetto ai cannoneggiamenti. É estremamente affascinante quanto davvero semplice da visitare ed è possibile entrarvi sia da ciò che rimane del vecchio ponte levatoio, sia dal lato opposto attraverso un’enorme fenditura nelle mura perimetrali effetto dei colpi di cannone.

Anche se è facilmente visitabile, sicuramente NON è assolutamente un luogo consono nel quale portare dei bambini o dei ragazzi perché in diversi punti ci sono muri che finiscono nel vuoto senza ovviamente protezione di sorta.

Nota bene: fate attenzione salendo la brevissima strada sterrata che porta dalla diga al forte e che si percorre a piedi. Quando io sono salito ho avuto la fortuna di vedere ben due splendide vipere. Ovviamente se non mettete le mani in luoghi e modi inopportuni e fate un po’ di rumore con un bastone, non comportano alcun pericolo, ma anzi sono bellissime da ammirare nei loro incredibili colori e movimenti.

 

 

Geolocalizzazione: 45°13’27.366″ N 6°56’17.922″ E

Obiettivo: 90 mm. su 24-105 mm.

Tempo: 1/640

Diaframma: f/4

ISO: 100

Paesaggi - Francia - Rodano Alpi - Monginevro
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