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Un isola meravigliosa Ouessant, che ti porta via un pezzo di cuore
Dove anche le tempeste possono essere meravigliose.
Nel mondo ci sono molti posti da visitare a seconda dei propri gusti e aspettative.
Molti sono caratterizzati da un triste uso “mordi e fuggi” tra gran rumore e grandi banalità.
Altri invece ti rubano un pezzo di cuore. In silenzio e in punta dei piedi. Te ne accorgi solo quando li hai lasciati.
Ouessant è uno di questi.
L’ultimo lembo di Francia verso Ovest, poi c’è solo l’Oceano Atlantico e gli Stati Uniti. Un’isola piccola, che si visita facilmente in pochi giorni e che immagino sconosciuta ai turisti magari attratti da Ibiza.
Un fazzoletto di terra che da sempre sfida le più grandi tempeste del Nord Atlantico, dove a causa del vento troppo forte semplicemente non crescono alberi.
Una manciata di casette tutte bellissime quanto curate, una pulizia assoluta. Un mare e delle scogliere che quando le raggiungi ti tolgono il fiato.
Abitanti che quando li incontri, non abbassano mai gli occhi, ma ti guardano e ogni volta ti dicono “Bonjour”. (proprio come in Liguria).
Un luogo dove puoi assaggiare piatti realizzati anche con le alghe del mare o mangiare un enorme granchio per meno di 15 euro.
Un posto dove le pochissime macchine sono solo quelle degli abitanti e dove perdersi in bici senza meta dopo aver visitato i siti più importanti dell’isola percorrendo stradine secondarie coperte di erba.
Chissà dove porta questo bivio? Non ha alcuna importanza chiederselo: porta sicuramente in un luogo che neanche ti sogni. Dove sarai stordito dal profumo del mare, dai colori dei fiori e da una luce bellissima e da un mare che puoi solo immaginare (purtroppo per me che sognavo una tempesta di quelle che si scatenano da queste parti) quanto possa essere potente e devastante.
Stramaledetta isola, ti odio: mi hai rubato per sempre una fetta di cuore. Ci rivedremo stanne certa.
Geolocalizzazione: 48°27’26.384″ N 5°5’47.0552″ W
Obiettivo: 62 mm. su 24-105 mm Tempo: 2″
Diaframma: f/16
ISO: 100

Una notte di fine estate. L'allineamento quasi perfetto della Via Lattea con la vetta del Monviso
Un'emozione incredibile in assoluta solitudine.
Il Monviso è noto per essere una montagna sempre coperta da un cappello di nuvole.
Questa volta mi ha fatto il dono incredibile di un giorno e una notte completamente sereni.
E i brividi sono saliti nell’anima.
Una finestra di bel tempo di un giorno e, forse, di una notte promettono molto bene per tentare qualche scatto alla Via Lattea.
Già, ma dove andare? Il tempo è davvero poco e il rischio di cambiamenti rapidi può essere forte vanificando completamente le mie intenzioni. Giusto per farmi male alzando la possibilità di errore, mi viene in mente di andare sotto al Monviso.
Ho controllato con l’apposita app (magica) e stanotte il centro della Via Lattea dovrebbe presentarsi quasi esattamente sopra la vetta della montagna. Allora la decisione è presa: si va lassù!
Partenza al mattino, con alcuni scatti dedicati a una piccola cascata e poi il pomeriggio passato a cercare una composizione accettabile per la notte rispetto alla mia attrezzatura. Poi finalmente a fine giornata, trovo il punto che mi sembra interessante sulla strada che corre verso il Pian del Re quasi nella parte più alta.
Dopo la cena torno su e l’emozione inizia a salire. Monto il cavalletto, il temporizzatore, faccio la scelta dei parametri di scatto e inizio ad aspettare, ci vorrà più di un’ora prima che l’allineamento indicato dall’app sia al massimo.
Il tempo passa vestito come se dovessi andare a sciare, il parka più pesante, cappello e mani ben in tasca per riparami dall’inevitabile vento freddo. Ma con il tempo cresce l’emozione incredibile e indescrivibile dello spettacolo che sta nascendo davanti ai miei occhi.
Gli ultimi turisti se ne sono ormai andati e sono assolutamente solo, in un posto meraviglioso. Finalmente inizia a comparire la Via Lattea davanti a miei occhi. É bella, bella, bella e diventa sempre più luminosa.
É tutto talmente incredibile che decido di spegnere anche la luce frontale rossa che uso quando scatto al buio, non posso disturbare quella magia fantastica.
E, a un certo punto, mi accorgo che sto pregando per ringraziare di tanta bellezza.
Non so se la foto Vi piacerà, ma le emozioni nello scattarla e poi nella post produzione, sono state talmente forti che mi piacerebbe poterle regalare.
Geolocalizzazione: 44°46’12.306″ N 7°5’51.09″ E
Obiettivo: 14 mm. su 12-124 mm Tempo: 40″
Diaframma: f/4
ISO: 3.200

Con la fine dell'inverno inizia lo spettacolo di mille piccoli torrenti.
Acqua, roccia, neve e ghiaccio ancora abbracciati.
L’approssimarsi della fine della stagione fredda è un momento particolare per un paesaggista.
Infatti i contrasti tipici dei terreni innevati lasciano spazio a prati ricoperti dell’erba dell’anno precedente pressata dal carico della neve e caratterizzata da un colore davvero poco entusiasmante.
I fiori, con le loro forme e i loro colori meravigliosi, sono purtroppo ancora completamente assenti.
Anche gli alberi non si sono ancora risvegliati e appaiono tristemente spogli senza le foglie della primavera ormai prossima.
Non è quindi propriamente il momento che invita a preparare lo zaino con la macchina fotografica e tutti gli accessori per andare in montagna a tentare qualche scatto.
Tuttavia questa è anche la stagione in cui riprendono improvvisamente vita e si rafforzano torrenti di tutte le specie e dimensioni. Affascinanti e rumorosi nella loro potenza.
Diventa quindi una buona occasione per fare i primi tentativi di utilizzo dei filtri ND e successivamente a casa per imparare a lavorare in post produzione sui dettagli degli scatti e sui contrasti che sicuramente non mancheranno.
Manca poco ormai al risveglio di Madre Natura.
Geolocalizzazione: 44°46’12.306″ N 7°5’51.09″ E
Obiettivo: 100 mm. su 24-120 mm.
Tempo: 15″
Diaframma: f/22
ISO: 100

Programmazione e pazienza dovrebbero essere tra le principali caratteristiche di un fotografo naturalista.
Ma qualsiasi regola vive anche di fortunate eccezioni.
La possibilità di un buono scatto è quasi sempre legata a un buon lavoro di programmazione e di pianificazione. Ma non sempre bastano.
La scelta del luogo (dopo una prima uscita di scoperta), la scelta dell’ora o del periodo con le opportune preziose app, la scelta della composizione e ultimo ma non ultimo, la scelta dei parametri di scatto in talune tipologia di fotografia sono fondamentali.
Ma per gli apprendisti stregoni come me, in tantissime occasioni il caso è un frutto dolcissimo da cogliere al volo quando si presenta.
Peraltro per puro caso, ho scoperto che dopo una giornata di scatti mi piace moltissimo rientrare verso la macchina quando ormai è buio. Il bosco assume colori e rumori inimmaginabili e la fantasia corre verso pensieri propri di un’età ormai molto lontana.
Al buio però le occasioni di scatto sono drasticamente ridotte rispetto al giorno. Ma… mai dire mai.
Lo scorso dicembre a fine giornata, stavo godendomi il rumore dei miei passi nella neve del fondovalle in totale solitudine negli ultimissimi momenti dell’ora blu, quando dopo una svolta mi sono trovato davanti a questo scorcio. Avevo ormai molto freddo, ma ho nuovamente montato la macchina foto sul cavalletto e mentre preparavo lo scatto pensavo al contrasto tra il gelo della notte e il calore delle case dall’altra parte della strada. La luce, come sempre, dettava le sue folli e affascianti regole del gioco.
Magia di una borgata di montagna in una notte invernale.
Geolocalizzazione: 45°34’40.897″ N 7°20’3.163″ E
Obiettivo: 24 mm. su 24-120 mm.
Tempo: 30″
Diaframma: f/8
ISO: 200

Capita che, impegnati negli scatti, si perda il senso del tempo. E con esso la possibilità di cenare.
Ma ne vale comunque la pena.
Quando ci si trova in un luogo bellissimo le ore volano in mille cose da fare, luoghi da esplorare, fotografie da scattare.
Poi la luce inizia a scemare avvicinandosi lentamente verso il tramonto e allora pensi, “bene è ora di una pausa ristoratrice”.
Girando per i vicoli meravigliosi e potenti di una città di ex bucanieri, può accadere di rimanere colpiti dal piccolissimo negozio di un venditore di crêpes.
La luce ambientale si sta decisamente raffreddando avvicinandosi all’ora blu e il contrasto di quella calda degli interni delle crêperie insieme alla frutta esposta diventa un invito davvero irresistibile per un’ultima foto.
É poi è deciso: “mi mangio una crêpe, me la sono meritata”.
Ma ti accorgi che al bancone, stranamente, non c’è nessuno. Anzi non c’è nessuno neanche per la strada.
Ed è del tutto normale, sono le 21,28 è ora di cena. Il servizio semplicemente riprenderà tra un paio di ore, quando i primi turisti riprenderanno a passeggiare per le vie del centro. Che delusione.
Di nuovo fregato da questi meravigliosi lunghissimi tramonti ai quali non sono ancora abituato.
É ora di cercare una brasserie se non voglio digiunare.
Geolocalizzazione: 48°38’56.674″ N 2°1’21.944″ W
Obiettivo: 80 mm. su 70-300 mm.
Tempo: 1/200
Diaframma: f/4,5
ISO: 400

Il volo delle mongolfiere è uno spettacolo unico per l'osservatore. Ricco di magia.
Con il naso all'insù persi nei colori di questi incredibili mezzi che si perdono nel cielo invernale.
Chiunque sia transitato per l’estremo lembo occidentale della Pianura Padana cinto dall’arco delle Alpi, avrà notato lo spettacolo del volo delle mongolfiere.
Purtroppo per il visitatore di passaggio, appaiono quasi sempre molto affascinanti, ma piccole a causa della distanza da cui solitamente si osservano. In quella condizione, è piuttosto difficile percepirne l’incredibile bellezza che invece rivelano a terra o nelle fasi di decollo e atterraggio.
Quest’anno ho deciso di comprendere meglio questo affascinante mondo e quindi di andare a vedere il 32° Raduno delle Mongolfiere di Mondovì che si è tenuto dal 4 al 6 gennaio nella bellissima cittadina del cuneese. E siccome sono appassionato di fotografia, ho richiesto – ahimè con grave ritardo – l’accredito come fotografo della manifestazione che mi è stato concesso grazie alla cortesia dell’Ufficio Stampa dell’Aeroclub Mondovì che ringrazio davvero di cuore.
Per chi come me non aveva mai visto una mongolfiera, è stata un’esperienza davvero incredibile, perfettamente gestita dagli organizzatori quanto affascinante, che consiglio a chiunque di fare. Vi segnalo solo di arrivare almeno 45 minuti prima dei decolli altrimenti, a causa del numeroso pubblico, si perdono i particolari del montaggio e della messa in opera degli aerostati.
Si tratta di mezzi dalle forme a volte davvero bizzarre, comunque coloratissimi, affascinanti e i loro allestimento e successivo decollo avviene nell’estrema precisione di gesti che meritano di essere goduti fino in fondo.
Ho cercato come sempre, di realizzare scatti non banali e ho deciso di pubblicarne alcuni qui sul sito. Altri potrete trovarli sulla mia pagina Facebook.
Geolocalizzazione: 44°23’15.627″ N 7°48’54.253″ E
Obiettivo: 150 mm. su 150-600 mm.
Tempo: 1/500
Diaframma: f/8
ISO: 160

Gli scorci di alcuni luoghi diventano iconici, ma con uno sguardo curioso, si può scoprire molto di più.
La sorpresa di una cittadina meravigliosa, curiosando tra le sue vie e lungo il porto.
Il peschereccio rosso e giallo. Presente, fino alla noia, in tutte le foto dei turisti scattate a Honfleur non è certamente l’unico soggetto interessante.
Ciò che ho appena scritto è esattamente quello che ho pensato quando ho deciso di visitare Honfleur, perché all’interno del suo porto è stato ormeggiato un peschereccio rosso (probabilmente disarmato da tanti anni) in bella vista ad uso e consumo dei turisti. Che infatti lo inquadrano in tutti i modi possibili. Senza il minimo sforzo di fantasia. Provate con una ricerca su Google immagini e vedrete…
Mi sono quindi chiesto se ci fosse qualcos’altro da vedere e fotografare in questa città che mi sembrava molto interessante oltre allo “famoso” peschereccio. La risposta è stata sì, eccome. Ma non necessariamente si tratta di barche e porti. Anzi c’è ben altro.
Infatti ho scoperto che Honfleur è decisamente affascinante, curata, chiaramente frequentata da un turismo di target molto elevato, e ricca di gallerie d’arte in grado di soddisfare qualsiasi palato e gusto. Anche per chi come me non ha una competenza specifica, la visita della città diventa un entusiasmante viaggio sensoriale dove gli occhi si sono persi letteralmente in mille forme e colori.
Quindi foto a raffica a quadri e sculture? No. Purtroppo.
Infatti tentando di documentare tutto quel ben di Dio: quanto si chiede, ovviamente, il permesso la risposta è sempre NO.
Ho avuto un’unica eccezione nelle Galeries Bartoux lungo il porto (che ringrazio) la cui indicazione peraltro è stata: all’interno può fare un solo scatto. UNO scatto.
Non me lo sono fatto dire due volte e come diceva un comico tanti anni fa “Non capisco ma mi adeguo”. Così è nata questa coloratissima foto all’esposizione e in particolare a questa opera d’arte che a me è parsa bellissima.
Quando felice della possibilità che mi era stata offerta sono uscito fuori, altri a pochi metri da me, erano impegnati con il peschereccio rosso.
Geolocalizzazione: 49°25’14.97″ N 0°13’58.608″ E
Obiettivo: 12 mm. su 12-24 mm.
Tempo: 1/60
Diaframma: f/5,6
ISO: 640
