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Con quale velocità un borgo secolare può morire?
Il tempo corre veloce dove l'uomo abbandona un luogo
Salendo dalla Valle di Susa verso il colle del Moncenisio, appare all’improvviso la grande diga. Imponente e curiosa in quanto costruita non in cemento, ma bensì con delle pietre.
Sotto, piccolissimo e in gran parte crollato, si perde alla vista il borgo di Gran Croce che invece merita una sosta.
Sulla via che dall’Italia conduce in Francia passando per colle del Moncenisio, per molti secoli è esistito il piccolissimo borgo di Gran Croce. Era sostanzialmente un punto di ristoro e riposo per i viandanti in attesa delle ultime curve della salita come anche per coloro che (si legge in uno scritto del 1605!) si rifocillavano e bevevano abbondante vino nell’osteria prima di affrontare la discesa che, con cavalli e carrozze, doveva fare davvero paura.
É stato da sempre territorio italiano, ma nel 1947 diventò parte dei territori ceduti alla Francia come rimborso per i danni della seconda guerra mondiale. Per diversi anni fu sede della dogana francese che successivamente venne spostata. Poi, intorno al 1960, fu edificata la grande diga che di fatto ne determinò la fine e si racconta che l’ultimo abitante l’abbia abbandonato nel 1986.
Ora rimane, intatta e mantenuta, solo la chiesetta della Madonna delle Nevi, mentre tutte le altre case sono crollate o comunque pericolanti e da anni si dice che i Francesi vogliano abbatterle del tutto. Se si ha la possibilità, vale comunque la pena di fermarsi e visitarlo. É estremamente affascinate vedere come fossero costruite le case di molti secoli fa. L’importante è fare molta attenzione ad addentrarsi in mezzo o dentro ai ruderi in quanto pericolanti.
A me ha fatto particolarmente impressione pensare come un borgo molto piccolo, nato molti secoli fa che ha fornito riposo e ristoro a moltissimi viandanti, sia in pochi decenni definitivamente scomparso.
Visitandolo, ho immaginato come sarebbe stato bello poter ascoltare i racconti di cosa hanno visto e sentito quelle mura nel tempo.
Geolocalizzazione: 45°13’11.346″ N 6°57’18.03″ E
Obiettivo: 12 mm. su 12-24 mm Tempo: 1/250
Diaframma: f/11
ISO: 200

La storia di un forte nato già sbagliato.
In pochissimi anni, una costruzione che doveva essere un baluardo di difesa dei confini nazionali, ha trovato la sua fine.
A fine ‘800 fu costruito su un colle che domina il valico del Moncenisio questo splendido forte. Purtroppo fu edificato con una tecnologia ormai obsoleta che in pochissimi anni lo condannò alla fine.
Il colle del Moncenisio è, da sempre, uno dei valichi più importanti e trafficati che collegano l’Italia con la Francia.
Era quindi importante la sua difesa in caso di possibili invasioni e di conseguenza, nel tempo vi furono costruite numerose opere militari come baluardo per eventuali attacchi.
Ancora oggi nella zona si possono facilmente visitare diversi manufatti che in alcuni casi sono a vista tutto l’anno, mentre altri sono normalmente sommersi da decine di metri di acqua del lago del Moncenisio.
Questi ultimi, situati sul fondo del lago, si possono facilmente visitare in caso di scarsissime precipitazioni come nel 2022 oppure ogni dieci anni quando il lago viene svuotato per la regolare manutenzione.
Ben visibile, in alto a sinistra salendo verso lo sbarramento, c’è il forte di Variselle che ebbe una strana quanto breve vita.
Fu infatti costruito dagli Italiani nel periodo tra il 1877 e il 1883. Purtroppo fu edificato con una tecnica che non era più al passo con i tempi e soprattutto con la potenza dei nuovi obici.
La sua vita fu talmente breve che tra il 1909 e il 1910 fu usato come bersaglio dagli stessi italiani per testare i nuovi cannoni.
Ora giace abbandonato e le sue mura recano ben visibili i segni dell’inefficacia della sua struttura rispetto ai cannoneggiamenti. É estremamente affascinante quanto davvero semplice da visitare ed è possibile entrarvi sia da ciò che rimane del vecchio ponte levatoio, sia dal lato opposto attraverso un’enorme fenditura nelle mura perimetrali effetto dei colpi di cannone.
Anche se è facilmente visitabile, sicuramente NON è assolutamente un luogo consono nel quale portare dei bambini o dei ragazzi perché in diversi punti ci sono muri che finiscono nel vuoto senza ovviamente protezione di sorta.
Nota bene: fate attenzione salendo la brevissima strada sterrata che porta dalla diga al forte e che si percorre a piedi. Quando io sono salito ho avuto la fortuna di vedere ben due splendide vipere. Ovviamente se non mettete le mani in luoghi e modi inopportuni e fate un po’ di rumore con un bastone, non comportano alcun pericolo, ma anzi sono bellissime da ammirare nei loro incredibili colori e movimenti.
Geolocalizzazione: 45°13’27.366″ N 6°56’17.922″ E
Obiettivo: 90 mm. su 24-105 mm.
Tempo: 1/640
Diaframma: f/4
ISO: 100
